15.05.2023
Prosegue l’iter della direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale della Commissione Europea.
Prosegue l’iter della direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale della Commissione europea, nota anche con l’acronimo CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), e adottata ufficialmente nel 2022.
È una delle misure con cui Bruxelles vuole sviluppare l’impalcatura della finanza sostenibile. Mentre la tassonomia green si occupa dei principi fondamentali su cosa sia verde e sostenibile, il regolamento SFDR
dell’informativa di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, la direttiva CSRD riguarda il mondo delle imprese.
Ha lo scopo di fornire agli investitori un quadro più completo delle performance di sostenibilità delle aziende rispetto a quanto faceva la direttiva NFRD, ampliandone il campo di applicazione fino a 50mila aziende europee, comprese le piccole e medie imprese.
C’è una precisa tabella di marcia stabilita dalla Commissione europea: lo stesso obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio di sostenibilità entrerà in vigore in fasi successive dal 2024 al 2028 e sarà esteso via via a un numero crescente di imprese,
fino a raggiungere tutte le pmi che rispettano i requisiti individuati da Bruxelles. Ciò significa che già dal 2023 alcune aziende dovranno avviare la raccolta dei dati, monitorare le prestazioni e sviluppare le strategie, ad esempio nel campo dell’economia circolare.
LE AZIENDE SONO DAVVERO PRONTE?
Nei mesi scorsi la direttiva è stato oggetto di preoccupazione nel mondo dell’industria. Le aziende sono davvero pronte? Sanno cosa stabilisce Bruxelles? Nelle prime indagini preliminari, erano ben poche le imprese pronte a rispettare le nuove previsioni UE.
QUALI INFORMAZIONI DIVULGARE NEI REPORT DI SOSTENIBILITÀ
Nel concreto, la domanda di molti imprenditori è: quali dati vanno comunicati? I dati variano a seconda dell’azienda coinvolta e gli ambiti da esse individuati come rilevanti per la propria attività. Ci sono standard trasversali sulla sostenibilità in generale
e poi degli standard specifici, per esempio per quanto riguarda la circolarità dell’azienda e, infine, in un secondo momento saranno introdotti standard settoriali.
Il primo insieme di dati riguarda la rendicontazione delle politiche dell’azienda in merito alla gestione degli impatti ambientali dell’impresa, ad esempio l’effetto delle emissioni dei processi produttivi sulla qualità dell’aria, il consumo di risorse idriche
e di risorse in generale, con una descrizione dell’afflusso e deflusso di materie prime, materie prime seconde e prodotti finali immessi sul mercato, per avere un quadro generale della catena del valore dell’azienda e, infine, la rendicontazione delle misure adottate
dalle imprese in relazione a obiettivi ambientali come il raggiungimento della piena circolarità del business e la lotta al cambiamento climatico.
Questo si inserisce in un report più ampio che da un lato l’obiettivo è di censire e tracciare l’impatto delle attività economiche su ambiente e società, dall’altro misurare quale impatto i rischi ambientali e il tentativo di arginarli possono avere sulle
attività economiche delle aziende.